Star Trek II – L’ira di Khan

Khan

Il secondo film della serie inverte completamente le linee guida del primo. Via le digressioni filosofeggianti e spazio all’azione ignorante. Il film ha comunque avuto il merito di stabilire diversi aspetti artistici di tutti gli episodi successivi.

La vendetta è un piatto che si serve freddo

Alla base della Flotta Spaziale è in corso l’addestramento di una nuova generazione di viaggiatori nello spazio. E, come da tradizione, i futuri comandanti sono sottoposti al test della Kobayashi Maru, la prova attitudinale da cui non si può uscire vincitori, tra cui anche la giovane vulcaniana Saavik.
Ma è anche il compleanno di James Kirk, che confida al dottor McCoy che non è molto soddisfatto della sua vita da viceammiraglio e che si sente vecchio.

Dall’altra parte della galassia Pavel Chekov sta accompagnando il capitano Clark Terrell in una missione scientifica. Entrambi sono imbarcati sulla USS Reliant e sono alla ricerca di un pianeta privo di vita da usare per il progetto Genesis, uno straordinario strumento di terraformazione, in grado di rendere perfettamente abitabile qualsiasi sfera di roccia dello spazio.
Nello specifico i due si sono teletrasportati su Ceti Alpha VI e tutto va per il meglio finché non vengono sequestrati da un gruppo di persone. Si tratta del manipolo di superuomini capitanati da Khan Noonien Singh, che molto tempo addietro era stato relegato su Ceti Alpha V da Kirk. La successiva esplosione del vero Ceti Alpha VI aveva causato gravi danni e spostato l’orbita dell’altro pianeta, tanto da indurre in errore il comandante della Reliant.
Khan, per sottomettere i due alla sua volontà, li rende vittime di un parassita locale, una sorta di lumaca del cervello, e scopre così del progetto Genesis, che lui considera immediatamente come un’arma da usare a proprio vantaggio.
Riuscito a salire sulla Reliant con i suoi uomini, e fatto sbarcare tutto l’equipaggio legittimo ad eccezione di Chekov e Terrell, si reca subito alla base Regula I (dove si sviluppa il progetto Genesis). La comandante della base, Carola Marcus, ex amante di Kirk, riesce a inviare un segnale di soccorso al viceammiraglio che, data la situazione di urgenza, decide di prendere il comando dell’Enterprise e di intervenire.

Seguiranno una serie di battaglie tra l’Enterprice e la Reliant attorno alla base Regula e alla fine Kirk scopre di aver avuto un figlio da Carola, David, che però poi viene ucciso.
E alla fine Khan, ormai sconfitto, attiva il Genesis all’interno della nebula Mutara, dando vita ad un nuovo pianeta.
L’esplosione danneggia anche gravemente l’Enterprise e in particolare il reattore, che non può essere riparato per via di una fuga radioattiva. L’unico che può intervenire è Spock, che sfrutta la resistenza fisica dei vulcaniani per mettere in sicurezza la nave, al costo però della sua stessa vita. Ma le esigenze di molti hanno la precedenza sulle esigenze di pochi, o di uno.

La storia si conclude con il funerale di Spock, sparato in una bara sul pianeta Genesis, mentre i suoi ex colleghi fanno ritorno a casa.

L’ira di Khan, la space opera d’azione

Dato che il primo film su Star Trek del 1979 aveva riscosso un buon successo e alla Paramount pensarono che non era una cattiva idea sfruttare la cosa per farne un secondo episodio.
Ma apportarono alcune piccole modifiche alla produzione: il budget fu ridotto del 60%, l’ideatore Gene Roddenberry fu relegato al ruolo di consulente e la regia fu affidata a Nicolas Meyer che di Star Trek non ne aveva mai nemmeno sentito parlare.

Come retroscena del film venne preso un episodio della serie originale in cui faceva la sua comparsa Kahn Noonien Singh, un superuomo geneticamente modificato che aveva perso uno scontro con Kirk. Si riuscì anche a coinvolgere l’attore dell’epoca, il massiccio Ricardo Montalbán.

Ma la scrittura della sceneggiatura non fu facilissima, con varie riscritture, fino a che Meyer non incollò insieme i pezzi migliori tenendo fermi due punti saldi: il dispositivo Genesis e la morte di Spock. Questo secondo elemento era dovuto anche alla riluttanza di Leonard Nimoy di continuare ad interpretare il personaggio, dato che voleva slegare le sua carriera dal vulcaniano.
Alla fine la produzione partì.

Malgrado il massiccio taglio di budget a Meyer riuscì di far ridisegnare i costumi, dando un taglio molto più militaresco, che era completamente al di fuori del pensiero di Roddenberry, ma che avrebbe caratterizzato i successivi 5 film.
Si risparmiò invece tantissimo sugli effetti speciali riciclando il più possibile da altre produzioni e da vecchi modellini, ma allo stesso tempo venne inserita la prima sequenza interamente generata al computer, quella della formazione del pianeta Genesis, 60 secondi realizzati dalla Lucasfilm ed entrati nella storia.
Molti altri effetti speciali furono molto più rudimentali, sfruttando effetti ottici e disegni fatti a mano sovraimpressi alla pellicola.

In generale il film si caratterizza per essere molto più adrenalinico del primo. Una critica al primo episodio era stata quella della quasi completa mancanza di azione, cosa che rendeva il film un po’ noioso per una parte del pubblico (in effetti non ci sono spade laser). Meyer fece quindi una completa inversione a U con un film testosteronico in cui Kirk sfoggia i suoi micidiali pugni, in cui Khan ha un fisico da palestrato, in cui le astronavi si sparano addosso senza tregua e in cui c’è anche qualche orripilante lumaca al cervello.
I fan degli aspetti psicologici furono delusi, ma gli incassi della Paramount furono nuovamente buoni.

L’ira di James T. Kirk

Lo scontro tra Kirk e Khan è sicuramente l’elemento preponderante di gran parte della storia ed è curioso che non appaino insieme in nessuna scena. Ma la cosa che più salta all’occhio venendo in rapida sequenza il primo e il secondo film è che sembrano in scena dei personaggi completamente diversi. I nomi e i ruoli sono gli stessi, ma il loro comportamento è completamente diverso, più sanguigno, ma che poi sappiamo aver raggiungo un equilibrio perfetto un paio di film più tardi.

Curioso anche il fatto che per molti anni, se non ancora oggi, circola la domanda riguardo la natura dei pettorali di Khan.
Per anni si è sospettato che fossero una protesi e in alcune inquadrature sembrano effettivamente tali.
Ma la verità è che Ricardo Montalbán, malgrado avesse già 60 anni all’epoca, avesse una forma fisica stupefacente, sconosciuta agli attori dell’epoca. La mascolinità del personaggio aggiunge indubbiamente uno stile molto particolare al film, con quel petto in primo piano in quasi tutte le scene.

Ottima anche la morte di Spock, che all’epoca fu un notevole shock per tutti i trekkers. Una morte eroica, sofferta, ma, come direbbe il vulcaniano, logica!
Al momento delle riprese non era sicuro che il film avrebbe avuto un seguito, ma gli autori furono furbi nell’inserire il momento di contatto tra Spock e McCoy proprio per lasciarsi aperta ogni strada. E infatti per il seguito non fu necessario usare trucchi per creare una continuità nelle storie.

L’ira di Khan è il film che ha ridisegnato lo stile di Star Trek al cinema. Anche se per certi versi è un po’ grezzo, ha segnato profondamente le produzioni successive, tenendo in vita il franchise e portando il tutto in una direzione che avrebbe avuto altri momenti esaltanti.

Di Vincenzo Buttazzo

Lettore accanito di fantascienza, scrivo recensioni e brevi racconti che in alcune occasioni ho anche potuto vedere pubblicati.

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