Nell’era dei reboot certo non poteva mancare l’icona degli anni ’80, il RoboCop figlio della supremazia tecnologica americana. Tematiche un po’ aggiornate, effetti visivi nettamente migliori, un cast mediamente buono e una sceneggiatura scritta con criterio lo rendono un bel film, ma la crudezza del primo episodio è ben lontana.
La tecnologia al servizio della sicurezza
Nel 2028 la OmniCorp è una multinazionale che produce automi da guerra. In pratica si tratta dei carri armati bipedi (ED-209) e robot umanoidi (EM-208), dotati entrambi di un’avanzata intelligenza artificiale, e utilizzati in vari scenari di guerra, permettendo così di minimizzare i rischi per le truppe americane in carne ed ossa.
Il presidente della OmniCorp, Raymond Sallars, è desideroso di poter vendere le sue macchine anche il mercato interno, ma la fiera opposizione di una parte della politica ha imposto da tempo un divieto a questa tecnologia sul territorio americano. La OmniCorp le ha provate tutte: tangenti, trasmissioni televisive (tra cui quella del celebre Pat Novak), sotterfugi… Niente da fare: una macchina non può gestire l’ordine pubblico sul suolo americano.
Si decide quindi di passare ad una nuova campagna di convincimento dell’opinione pubblica presentando un nuovo prodotto. Non più un androide, ma un androide con un uomo dentro. Un cyborg! Manca solo il candidato giusto, dotato del giusto equilibrio psichico.
Contemporaneamente Alex Murphy è un poliziotto dai sani principi che, con il suo compare Jack Lewis, da parecchio fastidio alla criminalità organizzata. Ma un’operazione finisce male, con Lewis in ospedale e poi una auto-bomba che ferisce gravissimamente Alex.
La OmniCorp, ritrovandosi con un proprio dipendente con un piede nella fossa (quello rimastogli) propone alla moglie il “trattamento”. Lei, sapendo che è l’unica opzione, acconsente, lasciando suo marito nelle mani del luminare Dennett Norton.
Alex Murphy, privato di tutti i pezzi inutili, viene quindi traformato in un cyborg e dopo un severo addestramento viene buttato nella mischia, dove si scontra ben presto con il conflitto tra principi e ordini.
Le cose non vanno benissimo, ma un po’ alla volta RoboCop saprà riconquistare la sua umanità e soddisfare la sua sete di vendetta.
Robocop 2014, facciamo un bel reboot
Malgrado il franchise di Robocop fosse fermo nel 1993, con una conclusione un po’ sottotono, c’erano diversi soggetti che nel corso del tempo avevano cercato di rimettere in modo la macchina. Ma il progetto che ebbe il via libera dalla MGM fu quello alla cui testa venne messo il regista José Padilha.
Dopo aver tentato di avere nel ruolo di Alex Murphy i vari Tom Cruise, Keanu Reeves, Michael Fassbender o Johnny Depp (ci avrei visto bene anche Tom Hardy) alla fine il ruolo venne affidato allo svedese Joel Kinnaman, che dal punto di vista fisico si adatta bene al ruolo.
Che dire? Il budget generoso di 120 milioni di dollari ha permesso la realizzazione di un film onesto che ha anche avuto un successo discreto, incassando il doppio. Ma purtroppo non è un film memorabile.
Il problema principale di questo remake è che non regge il confronto con il fascino del primo Robocop, diretto da Paul Verhoeven. Quel film è un film violento, crudo, dove si soffre e si sputa sangue. Poi purtroppo il notevole successo tra i ragazzini ha convinto i produttori ad abbassare il rating rendendolo fruibile anche a loro. Tant’è che anche RoboCop 2014 è vietato solo ai minori di 13 anni e di conseguenza RoboCop spara col teaser anziché con il suo cannone. Delusione totale per tutti gli appassionati di ignoranza.
RoboCop ha quindi subito una decisa virata verso il cinecomic, una sorta di Ironman cyborg.
Dal mio punto di vista è un vero peccato, perché le persone che hanno lavorato a questo film ci sapevano fare e molti aspetti meritano il giusto riconoscimento.
Ma parliamo un po’ di attori e personaggi.
Il protagonista è, come detto, interpretato ottimamente da Joel Kinnaman. Personalmente lo avrei reso un po’ più ingenuo, mentre José Padilha ha preferito rappresentarlo subito come un poliziotto tosto, però riducendo così la differenza del comportamento una volta diventato un cyborg. Rispetto ai film precedenti viene affrontato molto meglio anche il rapporto con la moglie, un punto a favore.
Punto a sfavore invece per Jack Lewis. La controparte umana del protagonista ha subito un drastico cambio di sesso (paradossale visto che siamo nell’era dell’attenzione al gender) e un’altrettanta drastica riduzione dell’importanza del personaggio stesso. Se la Lewis dell’originale era quella che tirava fuori l’umano di Alex, qui è semplicemente il compare. Infatti anche le scene in cui è presente sono molto poche. È vero che parte del ruolo è stato passato alla moglie, ma così ha praticamente perso il motivo di esistenza.
Ottimo invece il presidente Sellars. L’istrionico Michael Keaton da al personaggio un carattere molto diverso da quello dell’originale Vecchio. Il Presidente è ora una persona molto dinamica, che prende attivamente le decisioni, ma allo stesso tempo profondamente cinico, con tratti psicopatici. Delude un po’ la fine un po’ poco sofferta.
Altrettanto interessante è il dottor Dennett Norton (Gary Oldman), combattuto tra la possibilità di confrontarsi con aspetti tecnico-scientifici inesplorati, ma dall’altra conserva una sua umanità. Molte svolte nella storia nascono proprio da questo conflitto interiore.
Interessante infine il cameo di Samuel L. Jackson nel ruolo del conduttore Pat Novak. Totalmente ininfluente ai fini della storia, da però una nota di colore al film.
Come detto la sceneggiatura ha una fattura decisamente superiore soprattutto rispetto al secondo e al terzo film. La storia segue la sua logica e accompagna Alex Murphy tra i suoi alti e i suoi bassi. Forse quello che manca è un vero antagonista (l’addestratore Rick Mattox è solo con comprimario), ma tutto sommato va bene anche così.
Ottimo lavoro è stato fatto nell’attualizzare il racconto. La OmniCorp (ex OCP) esce da Detroit (città da tempo in declino) e diventa una vera multinazionale col business della guerra. E l’utopica DeltaCity viene sostituita dal vil denaro. Meno favola e più realismo insomma.
Ma con tutte queste note positive risulta ancora più strano che tra i protagonisti non ci siano donne, convertendo diversi personaggi.
Buoni anche gli effetti speciali. Non dovendo realizzare fisicamente tutta l’armatura di RoboCop si sono aperte molte possibilità, tra cui quella più ignorante è la robo-motocicletta usata in due sole sequenze, ma di grande effetto. In generale RoboCop è ora molto più mobile e la colorazione nera che assume per gran parte del film lo rendono decisamente più “tattico” (cit. Sellars). Come anche il visore illuminato di rosso e a scomparsa. Ottimo lavoro.
Particolare la scena in cui Murphy si vede smembrato, fa effetto per davvero.
Ma tutte queste cose buone purtroppo non rendono il film un capolavoro. Nell’era dei cinecomic tutta la violenza è attenuata. Sì, qualcuno muore sparato, ma in maniera discreta e senza soffrire. Lo stesso ferimento di Murphy non è più causato da un crivellamento di colpi, ma una più asettica bomba in stile mafioso.
RoboCop 2014 è quindi un bel film, onesto e con pochi punti deboli, ma alla fine non rimane impresso più di tanto. Purtroppo quando si gioca al compromesso si rischia comunque di deludere tutti.