Hellraiser è il capostipite di una serie di sequel via via meno interessanti. La sceneggiatura parte da un romanzo breve dello stesso regista Clive Barker, stufo di trasposizioni mediocri dei suoi racconti. Prodotto con pochi mezzi, è diventato un classico dell’horror.
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Larry e la seconda moglie Julia decidono di trasferirsi nella vecchia casa di famiglia alla periferia di Londra, abbandonata da tempo. La casa è molto in disordine, ma soprattutto ci sono chiari segni della passata presenza di Frank, fratello di Larry, di cui però si sono perse le tracce da qualche tempo. Ciò che Larry non sa è che Julia e Frank sono stati amanti e che si frequentavano proprio in quella casa.
In ogni caso le cose sembrano andare per il meglio e viene deciso di traslocare. Durante la movimentazione del letto succede però che Larry si taglia una mano con un chiodo in una posizione infelice. Nulla che non possa essere messo a posto con un paio di punti, se non fosse che Larry ha la paura del sangue, ma il tutto sembra solo un normale incidente domestico.
Ma in realtà, a insaputa di tutti, le gocce di sangue perse da Larry vengono misteriosamente assorbite dal pavimento della casa. Poco dopo Julia viene attirata da dei rumori molesti in soffitta e si trova così di fronte a Frank, ma non esattamente il Frank che aveva amato, bensì una sorta di scheletro ambulante.
Frank le racconta che nella sua ricerca spasmodica del piacere fisico si era imbattuto in una strana scatola attraverso la quale era finito in balia dei Supplizianti (Cenobiti nell’originale) che ne avevano torturato l’anima. In qualche modo era riuscito a fuggire, ma ora aveva bisogno di sangue vivo per ricostruire il suo corpo.
Julia decide di aiutare l’uomo che aveva sempre amato e sfruttando la sua avvenenza porta in casa degli uomini di cui Frank si nutre prosciugandoli.
Lo strano atteggiamento di Julia viene notato da Larry, che non sa di Frank, ma che decide di far venire sua figlia Kirsty per non lasciare sola Julia.
La ragazza scopre in breve tempo le oscure attività di Julia e pensa inizialmente ad un banale tradimento, salvo poi imbattersi in Frank e scoprire la verità. Kirsty riesce comunque a fuggire portandosi dietro la scatola, ovvero il Cubo di Lemarchand.
Ritrovata in stato di shock mentre vaga per le strade viene ricoverata in un ospedale dove Kirsty apre il cubo trovandosi di fronte i Supplizianti che le spiegano che chi apre il cubo diviene automaticamente loro vittima. La ragazza cerca di evitare questo triste destino usando come merce di scambio la conoscenza del luogo in cui si trova Frank, l’evaso. Pinhead, capo dei Cenobiti, accetta l’accordo.
Tornata nella casa scopre che Frank si è impossessato dei connotati di suo padre Larry. Ne nasce una lotta in cui Frank uccide volontariamente Julia per non lasciare testimoni, ma fallisce nell’uccidere anche Kristy. L’arrivo dei Supplizianti mette fine alla vita terrena di Frank e, infrangendo il patto, tentano di impossessarsi anche di Kristy, che però rimanda nella loro dimensione di Supplizianti con l’ausilio del cubo e con l’aiuto del suo fidanzato che nel frattempo è arrivato a darle una mano.
La storia si chiude con i due giovani che tentano di bruciare il cubo di Lemarchand. Interviene però un barbone, che già si era intravisto in precedenza, che lo recupera tra le fiamme, si trasforma in un demone e fugge via.
Hellraiser, alla ricerca del male
La scarsità dei mezzi e limiti tecnologici dell’epoca si fanno sicuramente notare a 30 anni di distanza, ma risulta allo stesso tempo evidente la capacità di Clive Barker di destreggiarsi tra le difficoltà.
Il film risulta di fattura decisamente superiore ad molti altri film del genere. Evitando di banalizzare la vicenda scadendo nel semplice gore e utilizzando attori capaci (a partire da Pinhead interpretato da Doug Bradley, un attore shakespeariano) il risultato è decisamente lodevole. Certo, non mancano le scene splatterose, ma gli effetti sono tutti destinati alla storia, e non semplicemente a loro stessi.
Particolarmente efficace è il Frank che scena dopo scena assume connotati sempre più umani in maniera molto convincente dal punto di vista visivo.
Barker riesce a sfruttare a sua favore anche gli spazi angusti della casa utilizzata come set e l’utilizzo di una sola telecamera.
La storia, con il suo tocco di romanticismo nero con il legame sentimentale tra Julia e Frank, risulta essere interessante, anche se la vicenda lascia aperti molti interrogativi, poi ampiamente sfruttati per fare i ben 8 sequel. Nell’ora e mezza di film non è che poi succeda moltissimo, ma, tolta la parte iniziale introduttiva, il regista riesce a tenere alta la tensione in maniera lodevole.
E poi i Cenobiti, ovvero i Supplizianti secondo la traduzione italiana, capitanati da quello che poi verrà chiamato Pinhead, testa di spilli. Nel racconto originale di Barker il personaggio non esiste perché gli elementi del quartetto sono sostanzialmente indistinguibili. Nel film invece Pinhead assume il ruolo di leader. Inoltre Barker avrebbe voluto mettere Frank nelle locandine pubblicitarie, ma il produttore decise che non era il caso di puntare sull’aspetto sanguinolento e decise di metterci Pinhead e il Cubo di Lemanchard. La scelta fu assolutamente felice tanto che Pinhead divenne in breve tempo un’icona dell’horror metafisico.
Se ancora non avete visto Hellraiser vi conviene recuperare il tempo perso. Pinhead è lì che vi aspetta con buoni effetti speciali e una storia convincente per indagare se anche nel vostro inconscio alberga un po’ di sana follia.
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