Survivor, recensione

Survivor
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Pierce Brosnan ha fatto tanti film nella sua carriera, e ne ha anche prodotti diversi, ma nell’immaginario collettivo rimane l’interprete di James Bond in ben 4 film, compreso l’ottimo Goldeneye. Allora perché non fare un film, chiamarlo Survivor e dotarlo di una locandina che sembra un plagio di 007 promettendo faville ed esplosioni a catena? Ecco… anche no.

Se, come me, scegliete i film dalla locandina non avrete potuto non notare questa proposta ignorante. I presupposti sembrano buoni: Pierce Brosnan, invero un po’ invecchiato rispetto ai ricordi che abbiamo di lui, impugna una pistola con silenziatore (quindi è una spia), Milla Jovovich (che sembra una ragazzina) è l’avversaria ed è vestita da gente, quindi è quella che scappa. Sullo sfondo un po’ di esplosioni. Anche il trailer fa presagire un film d’azione, con però anche una buona componente di thriller.

Nella realtà invece Survivor non è questo granché e galleggia in quel limbo tra “film tv” e film per il cinema, né carne né pesce. In effetti in grosso dubbio dovrebbe venire nel momento in cui si guarda il budget che era a disposizione del regista James McTeigue, ovvero appena 20 milioni di dollari. Con quella cifra ci fai un bel film sentimentale, per quanto un film sentimentale possa essere bello, ma certo non un film d’azione come si deve, soprattutto se stai anche pagando attori di medio livello come appunto Pierce Brosnan, Milla Jovovich, Dylan McDermott ed Emma Thompson. Probabilmente a quel punto i soldi erano finiti e gli sceneggiatori avevano lasciato il lavoro a metà. Appure i produttori erano quelli de I Mercenari e Olympus has Fallen… almeno così dice la locandina.

La trama di Survivor

In effetti la trama è l’elemento più scadente di questo film. Sembra di assistere ad un collage di ovvietà senza tenere in considerazione troppo la logica e il buon senso.

Tutto comincia in Afghanistan, durante un’azione di guerra, due piloti di elicottero americani vengono fatti prigionieri. Uno di questi risulta “interessante” per i soliti terroristi.

Poi siamo da Kate Abbott  (Milla Jovovich) che è l’adetta alla sicurezza dell’ambasciata americana a Londra. Appena arrivata (il giorno stesso) è già in mezzo ai casini perché fa storie nel rilasciare il permesso ad un dottore rumeno.

Subito dopo ci viene presentato l'”Orologiaio” (Pierce Brosnan), un cattivo da fumetto che sa avvitare piccole viti con infinita precisione e che nel tempo libero fa il killer e che, guardacaso, viene incaricato di uccidere la rompiscatole Kate Abbott. Prova a farlo alla sua maniera, con una bomba sofisticata, ma fallisce.

La ragazza scappa, ma sarà in pericolo perché viene incolpata di aver piazzato la bomba e anche di aver ucciso il suo capo (tale Talbot) che è in realtà il padre del pilota prigioniero ed è ricattato dai terroristi allo scopo di far emigrare negli USA una serie di personaggi poco raccomandabili, tra cui appunto il dottore rumeno.

Sam (Dylan McDermott) è l’unico dalla parte di Kate e cerca di aiutarla a fuggire dalla polizia e dall’Orologiaio. Tra uno scontro e l’altro tra i cattivi e i buoni si arriva all’happy end dove si salvano milioni di vite da un piano terrorista senza senso e tutti sono di nuovo felici.

Le idiozie di Survivor

Intriso di banalità il film potrebbe anche funzionare se non fosse per una generale sciatteria della produzione e una serie di cose senza senso piazzate qua e la.

Intanto da un film d’azione ci si aspetta almeno un paio di belle scene. In Survivor invece abbiamo una scena iniziale realizzata al 90% in computer grafica senza troppa convinzione, tanto da risultare piuttosto finta, anche se uno spera che sia il preludio a qualcosa di bello. Poi c’è una esplosione (questa ben fatta) e poco altro da segnalare, se non qualche scazzottata e una sequenza nella metropolitana di Londra.

Il personaggio dell’Orologiaio, malgrado gli sforzi, risulta poi decisamente poco credibile. Intanto per giustificare il nome viene mostrato intento a fare un lavoro che potrebbe fare chiunque (avvita, salda male) e poi basta. E poi per essere il miglior killer sulla piazza ha una mira piuttosto scarsa, tanto che non riesce a portare a termine la sua missione e arriva al punto di mentire spudoratamente al suo committente «È morta e sepolta». Non si capisce neanche perché invece continua ad uccidere spietatamente chiunque lo avvicini.

Patetici anche i personaggi di Sam e dell’ambasciatrice. Il ruolo del primo è nei fatti solo quello di fare due discorsi patriottici-retorici in cui esprimere la superiorità della morale americana rispetto a quella dei terroristi (capirai). L’ambasciatrice ha invece il solo scopo di aizzare la polizia contro una sua dipendente.

Ma le vere chicche sono altre.

Una è la scena in cui lo scienziato sovraintende la costruzione della bomba: in una stanza ci sono altri 3 “scienziati”  sudatissimi seduti davanti ad un PC che seguono come scimmie le istruzioni che gli vengono impartite per comporre il gas che è alla base della “bomba”. Senza senso. È strano che qualcuno non si metta anche a tagliare il solito “filo rosso”.

Un altro momento delirante è a New York, quando Kate viene aggredita in strada da uno sconosciuto. Chi è? Perché lo fa? Domande che non troveranno risposta.

E poi c’è l’amica di Kate a Londra. Si presta a fornirle soldi e carta di credito e si trovano nella già citata metropolitana, in un angolino nascosto. Poi arriva l’Orologiaio e Kate, che deve scappare, le intima «Rimani qui finché qualcuno non ti dice di muoverti». La povera donna è ancora lì, mummificata.

Ma il clou è la scena dell’aeroporto. Kate, braccata dalla polizia, decide di andare negli USA per bloccare lo scienziato e  l’Orologiaio e non ha altra scelta se non di andare in aereo. Peccato però che il suo profilo sia già stato diramato a tutte le forze dell’ordine via fax (sorvolando il fatto che i 20 video che le hanno fatto con gli smartphones in cui sembra aver ucciso il suo capo circola già da ore su internet) e quindi è facile che venga riconosciuta. Per fortuna però che la sua amica di Londra le abbia potuto passare dei soldi e una carta di credito e così si acquista degli occhiali. Non da sole, ma da da vista. E incredibilmente nessuno la riconosce, malgrado non abbia anche il naso e i baffi finti.

Un film da ridere, ma poco ignorante

Insomma Survivor prende poco, anche se fa ridere per la sua ingenuità. A tratti non succede nulla e c’è gente che muore in maniera ingiustificata, come lo scienziato che muore all’istante e senza sangue per una stilettata al collo, l’altro pilota che muore arso vivo senza neanche dire ahia… Molta approssimazione e poca ignoranza, Survivor è un film appena sufficiente. Da vedere con gli amici, se proprio non c’è altro.

Di Vincenzo Buttazzo

Lettore accanito di fantascienza, scrivo recensioni e brevi racconti che in alcune occasioni ho anche potuto vedere pubblicati.

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