Nel 1992 la realtà virtuale sembrava poter aprire scenari paurosi, tra cui l’espansione delle capacità del cervello umano. Perché quindi non fare un film che coinvolga militari, scienziati pazzi e uno stupido?
From zero to hero, il Tagliaerbe Jobe alla riscossa
Lawrence Angelo è un ricercatore per conto della Virtual Space Industries, un’azienda privata che fa ricerche per applicazioni militari. Lawrence è impegnato in uno studio che cerca di potenziare le prestazioni mentali degli scimpanzé utilizzando delle particolari droghe e allenandoli tramite un sistema di realtà virtuale immersiva.
Le cose però finiscono male quando la scimmia migliore, Roscoe, tenta di fuggire, facendosi ammazzare dalla sicurezza. A questo punto Angelo perde il suo entusiasmo e si rifugia nella propria casa, dove il suo stato depressivo lo porta a distruggere anche il rapporto con la sua fidanzata.
Tra i vari vicini di casa di Lawrence c’è anche Jobe Smith, un ritardato che fa il tagliaerbe e che quindi si occupa di falciare i prati. I due hanno un buon rapporto e un giorno Lawrence realizza che Jobe è un ottimo soggetto per il proseguimento dei suoi studi, essendo che nel peggiore dei casi potrebbe farne una persona normale. Decide quindi di somministrarli la droga e di sottoporlo ad alcune sessioni di gioco nella realtà virtuale. I risultati non si fanno attendere e vanno ben oltre le aspettative. Jobe comincia quindi una lenta trasformazione che lo porterà ad un livello intellettivo normale, cosa che diventa evidente dal cambiamento nell’abbigliamento e nel tenere in ordine i capelli, per poi andare ben oltre.
Angelo a questo punto ha bisogno di tornare ad utilizzare le apparecchiature della Virtual Space Industries per poter capire fino a che punto è possibile arrivare. Ma il suo capo pelatone gli ricorda che lo scopo dell’esperimento è di natura militare e che i risultati andranno comunicati ai superiori, ma lo scienziato non è molto convinto di volerlo fare.
In ogni caso la situazione sfugge di mano. Da una parte i cattivi della Virtual tentano di sequestrare Angelo e Jobe, dall’altra lo stesso tagliaerbe manda in stato catatonico la sua ragazza Marnie Burke facendole provare la realtà virtuale. Sconvolto da questo risultato decide di bombarsi di droga di potenziamento e parte in un trip omicida in cui si vendica uccidendo il prete Francis McKeen, che lo torturava quando era ancora stupido, e Harold Parkette, padre violento del piccolo Peter, unico vero amico di Jobe. Inoltre, facendo uso dei suoi nuovi poteri telepatici e telecinetici, rende catatonico anche Jake Simpson, il benzinaio bifolco.
Jobe decide che, avendo raggiunto un nuovo stadio dell’evoluzione umana è il caso di uploadarsi in un supercomputer per poter controllare più agevolmente l’umanità e quindi si reca alla sede della Virtual. Lawrence, liberatosi dei vari impicci, non è molto d’accordo e riesce a bloccare temporaneamente Jobe nel computer in cui si è caricato, piazzando poi delle cariche di C3 e entrando lui stesso nella realtà virtuale per distrarre il tagliaerbe. Jobe però sa leggere nella mente e capisce il trucco e minaccia quindi di uccidere lo scienziato. L’arrivo di Peter cambia però le carte in tavola. Jobe lascia andare Lawrence per salvare Peter mentre tenta di trovare una backdoor che gli permetta di mettersi in salvo.
Alla fine la sede esplode fragorosamente. Lawrence e Peter tornano a casa sani e salvi e appena aprono la porta di casa sentono squillare il telefono. In realtà i telefoni stanno squillando in tutto il mondo. Era il segnale promesso da Jobe per quando fosse arrivato al controllo della rete mondiale.
Un po’ Tagliaerbe, un po’ Tron, un po’ Frankenstein
La realtà virtuale è da tempo uno dei temi classici della fantascienza. La possibilità di creare dei mondi in cui le regole possono essere completamente riscritte è chiaramente un elemento di grande attrattiva per ogni autore. Allo stesso tempo è curioso che la realtà virtuale continui a fare fatica ad entrare nelle case delle persone reali. Da tempo è usata in certi ambiti professionali e ultimamente ha fatto capolino anche sulle console da gioco, ma certo non ha avuto l’impatto che molti scrittori di fantascienza si aspettavano.
Tornando al Tagliaerbe è necessario che il film è un po’ sopravvalutato rispetto a quello che effettivamente offre.
Girato nel 1992, ha preso spunto dal romanzo omonimo di Steven King, da cui ha finito per divergere totalmente, tanto da non citarlo nei crediti, cosa che poi portò anche a una battaglia legale.
In realtà però il film sembra prendere più di qualche spunto anche da Tron, girato ben 10 anni prima, sia dal punto di vista della tematica (identità caricate in un computer) che anche nell’estetica, in particolare della tuta blu indossata da Job nell’ultima parte.
Ma ispirarsi ad altre opere non è certo un peccato, specialmente se poi il risultato è bello, ma non è questo il caso. Purtroppo il Tagliaerbe con una storia un po’ incoerente e che offre pochi spunti interessanti. Incoerente perché non è ben chiaro il passaggio dalla superintelligenza acquisita da Jobe e il suo desiderio di digitalizzarsi per dominare il mondo. Forse è dovuta alla deriva fantastica della seconda parte del film in cui gli sceneggiatori hanno deciso di dotarlo di poteri telepatici e telecinetici che in qualche modo gli permettono di trasformarsi magicamente in un programma per computer. Boh, la cosa non ha molto senso.
Ma non è granché il contorno della storia, con personaggi molto stereotipati (il cattivo, il bambino innocente, lo scienziato pazzo…) che ci accompagnano in un percorso senza grandi scossoni.
Probabilmente la causa di tutto ciò è una produzione un po’ sottotono con un budget troppo basso in proporzione alle ambizioni. E in questo ragionamento si inseriscono gli effetti speciali digitali. Ci sono alcuni effetti carini (lo smembramento a palle dei nemici, la proiezione di Jobe nello spazio reale). Invece la realtà virtuale di per sé è molto psichedelica e ben poco stupefacente. Va bene che nel 1992 la tecnologia era ancora molto costosa e un certo livello di sorpresa poteva darlo. Ma nel 1992 è uscito anche Terminator 2 che gioca in un campionato completamente diverso.
Infine due parole anche per gli attori. Ottimo Jeff Fahey, in grado di essere credibile in tutte le fasi dell’evoluzione di Jobe. Un po’ meno il giovane Pierce Brosnan che ha un po’ sempre la stessa faccia. Gli altri non sono pervenuti.
Vale la pena vedere il Tagliaerbe? Probabilmente sì perché comunque è spesso citato nei film che si sono occupati di realtà virtuale, ma di per se è un film che arriva solo a strappare la sufficienza.