Alien: Covenant

Alien Covenant
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Alien Covenant è il seguito di Prometheus e quindi il secondo prequel diretto da Ridley Scott per la sua fortunata epopea sugli Alien. Avvicinandoci lentamente ai fatti del film originale gli elementi cominciano a prendere una forma sempre più simile a quella che conosciamo, ma la certezza di sapere che ci sarà uno Xenomorfo che farà a pezzi la gente non rende meno godibile il film.

Lo sfortunato viaggio della Covenant

Il film comincia con un breve flashback in cui un androide, che deciderà di chiamarsi David, parla con il suo creatore, Peter Wayland, fondatore dell’omonima corporation. L’androide sa che il suo creatore è a sua volta alla ricerca del proprio creatore e riesce a cogliere l’ironia della situazione mentre, come uno schiavo, gli versa il tè.

Ma come in ogni film della serie Alien che si rispetti la storia ruota in realtà attorno ad un viaggio interstellare. La USCSS Covenant è un’arca di colonizzazione che porta nel suo grembo 15 membri dell’equipaggio, 200 coloni e 2000 feti umani per la popolazione di seconda generazione. Durante il suo lungo viaggio verso Origae-6 la nave è gestita da “Madre”, l’intelligenza artificiale della nave, e da Walter un altro androide costruito dall’azienda Wayland, ma sempre con la faccia di Michael Fassbender.

Sfortunatamente un brillamento solare manda in avaria la nave e Walter è costretto a risvegliare l’equipaggio dall’ipersonno per riparare la nave dai danni subiti. Peraltro il capitano della missione muore arso nella sua capsula passando così involontariamente il comando al suo secondo: il poco carismatico Cris Oram.
Durante questo periodo viene ricevuta una trasmissione umana da un pianeta con un clima vivibile e molto vicino alla loro posizione. Strano che dalla Terra avessero individuato Origae-6 e non questo pianeta dalle caratteristiche anche migliori.

Comunque i nostro non si fanno troppe domande e ci fanno una capatina scendendo al suolo con una navetta. Il pianeta non è in effetti troppo malaccio: aria respirabile, acqua in quantità dato che piove quasi ininterrottamente, addirittura del grano, ma stranamente nessun animale. Quando arrivano a scoprire lo Jaggernaut degli Ingegnieri con cui Elisabeth Shaw era fuggita dall’altro pianeta e da cui si origina il segnale che avevano captato, l’idillio finisce perché due membri dell’equipaggio vengono infettati da strane spore che andranno a generare nei loro corpi dei Neomorfi, una sorta di antenato degli Xenomorfi, bianchi e privi di acido molecolare, ma comunque sufficientemente mortali.

A questo punto comincia a risultare chiaro che la squadra di professionisti risulta non essere composta la scienziati e militari scelti tra i migliori individui disponibili, ma bensì sembra somigliare di più a Scuola di Polizia e potrebbe essere definita la solita squadra “Alien” in cui insubordinazione ed egoismo la fanno da padrone. Infatti ne muoiono subito un paio tra cui il pilota della navetta di prima che, invece di avere i nervi d’acciaio per affrontare qualsiasi avversità, perde la testa appena vede due schizzi di sangue con la conseguenza di far saltare in aria tutto il veicolo.

Gli altri tentano di cavarsela, ma si salvano solo per intervento di un tizio incappucciato alla Assassins Creed, che poi risulterà essere David, che con fare misterioso li porta alla Pompei degli Ingegneri, una città piena di alieni carbonizzati in cui la squadra trova temporaneamente rifugio.

Ma la verità è che David continua ad essere uno psicopatico col pallino dell’ingegneria genetica che sta tentando di creare una forma di vita formidabile. Il problema è però la mancanza di materia prima per permettere la nascita di nuovi individuo, problema però risolto dalla Covenant. Inoltre si scopre che David, pur dichiarandosi innamorato della Shaw, l’aveva usata per i suoi esperimenti finendo per dedicarla una tomba e a tenerla in stile statua di cera con il ventre sbudellato.

In seguito, come al solito, il 95% della squadra muore e quelli che rimangono sono comunque spacciati. Curioso il destino di Walter, che afferma di essere tecnologicamente superiore a David dato che è un modello più recente, ma che è privo dell’inventiva del suo predecessore. Ma alla fine soccombe anche lui e David avrebbe potuto tranquillamente citare Casco Nero: “Il Male vince sempre perché il Bene è stupido”.

L’eredità di Alien e di Ridley Scott

Ridley Scott deve sempre aver avuto un problema emotivo col franchise a cui ha dato vita, ma di cui ha potuto influenzare ben poco lo sviluppo. Quando nel 2014 è riuscito finalmente a rimettere le mani sulla sua creatura è stato in grado di tirare fuori dal cappello un’opera interessante, ma forse eccessivamente misteriosa e con troppe cose non spiegate. Un eccesso, che è un po’ una moda, che personalmente trovo un po’ fastidiosa.

Infatti dopo l’assurdo taglio della scena di Prometheus in cui l’Ingegnere aggiungeva qualche dettaglio che permetteva di capire un po’ meglio il motivo delle sue azioni, qui in Covenant non scopriamo praticamente nulla di nuovo. Sì, ok, gli Ingegneri abitavano tutti a Pompei, tutti in un’unica città su un intero pianeta, ed erano anche un po’ tonti, tanto da morire tutti per via del misterioso liquido nero che continua ad essere solo un veleno, ma per il resto niente.

Tutta la vicenda sembra invece voler girare attorno a David che gioca a fare il creatore degli Xenomorfi che non lo uccidono solo perché non è un essere vivente, ma su cui non ha in realtà alcun controllo. Divertente, ma noi vogliamo sapere di più sui misteriosi alieni! Anche sul rapporto con Walter finisce per essere un po’ poca cosa e poi perché usare un doppio Fassbender se poi la cosa non aggiunge praticamente nulla alla trama?

Infine il triste destino di Elisabeth Shaw, che come quasi per tradizione di Alien, muore tra un film e l’altro quando sembrava dover avere un ruolo un po’ più importante della semplice incubatrice di Xenomorfi. Sprecata.

Ridley Scott ha annunciato che se lo lasciano fare sarebbe in grado di sfornare un film ogni due anni per fare almeno 6 prequel per marcare in maniera indelebile quella che è il suo Alien, diverso da quello degli altri autori che si sono cimentati con la serie originale: un po’ meno horror e  un po’ più di psicologia che esplora il tema della esistenza e della definizione di “vita”.

 

Di Vincenzo Buttazzo

Lettore accanito di fantascienza, scrivo recensioni e brevi racconti che in alcune occasioni ho anche potuto vedere pubblicati.

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