L’atto finale della trilogia cerca di ritrovare il collegamento con il tema iniziale. L’obiettivo viene centrato a metà, ma malgrado il budget ridotto il risultato è comunque decente. Certo le aspettative erano altre, ma guardiamo il bicchiere mezzo pieno.
Guai in arrivo dall’oriente
Cambiare tutto per non cambiare nulla. Non è il Gattopardo, ma la storia della città di Detroid. La OCP è fallita e i sui asset acquistati dalla Kanemitsu Superprodotti, ma si capisce subito che la multinazionale giapponese non è meno cinica della stessa OCP.
E la Kanemitsu, divenuta proprietaria della città, della polizia, di RoboCop e di tutto il resto, intende proseguire i piani della OCP e a arrivare alla costruzione di Delta City, progetto che dovrebbe portare a guadagni stratosferici.
Per raggiungere lo scopo la Kanemitsu ha deciso di assoldare un gruppo di mercenari senza scrupoli, detti Riqualificatori, capitanati da Paul McDaggett, incaricandoli di sgomberare la città vecchia. I metodi violenti ottengono per òanche l’effetto indesiderato di fomentare la violenza in città, con sempre più gruppi ribelli organizzati.
Ad un certo punto uno di questi ha deciso di assaltare un deposito di armi. Ma durante la fuga, dopo essere riusciti a seminare due pattuglie della polizia, si ritrovano alle costole RoboCop.
Contemporaneamente Anne Lewis si ritrova in difficoltà nel quartiere controllato dai Splatterpunks, la banda più pericolosa, e lancia una richiesta d’aiuto via radio. Murphy decide quindi di lasciar perdere il suo inseguimento per salvare la sua collega. La cosa farà arrabbiare il suo comandante, ma alla fine non succederà nulla di male.
Intanto direttamente dal Giappone arriva il misterioso Otomo.
Tornato in strada con Lewis, Murphy pattuglia la città vecchia e scova un gruppo di disperati rifugiati in una chiesa. I due poliziotti decidono di chiudere un occhio, ma appena usciti dall’edificio si trovano di fronte al gruppo di McDaggett, deciso a sgomberare il luogo. Lewis, che sarebbe fuori servizio e non porta neanche il giobotto antiproiettile, prova l’approccio diplomatico, ma viene crivellata di colpi e muore tra le braccia del suo collega. A questo punto RoboCop si infuria, ma non può fare nulla contro un ufficiale della OCP per via della quarta direttiva. McDaggett ne approfitta e gli pianta una granata in pieno petto. Il cyborg riesce in qualche modo ad allontanarsi aiutato dai ribelli.
Portato in un covo sotterraneo viene soccorso da un paio di tecnici, ma con le loro conoscenze non sono in grado di aiutarlo veramente. Nikko, una ragazzina hacker e orfana, parte quindi per la stazione di polizia dove convince la dottoressa Mary Lazarus, che di solito si occupa della manutenzione del cyborg, a seguirla per aiutare il loro amico comune. Le riparazioni sono faticose, ma alla fine Murphy torna in ottima forma e come extra gli viene cancellata la quarta direttiva.
RoboCop parte quindi per un trip di vendetta, recandosi subito alla stazione di polizia che è anche la base dei Riqualificatori, dove fa una strage. Proprio nello stesso momento McDaggett attacca il covo dei ribelli dopo averne avuto la posizione da un ribelle corrotto e fa una strage anche lui.
RoboCop arriva solo quando ormai è troppo tardi, trovando solo Otomo, armato di Katana. Tra i due inizia una dura lotta, da cui RoboCop esce vincitore con grande fatica, scoprendo anche che Otomo era un ninja robot.
Dopo tutti questi avvenimenti è di nuovo il tempo a farla da padrone. Il presidente della OCP ha una scadenza assoluta da rispettare e deve prendere possesso della città vecchia. Manda i Riqualificatori per uno scontro finale. McDaggett avrebbe bisogno del sostegno della polizia, ma tutta la centrale si dimette, schierandosi fisicamente a difesa del quartiere. Così il comandante è costretto ad assoldare e armare i Splatterpunk.
Comincia così l’attacco e per i ribelli la situazione è subito drammatica. Ma RoboCop nel frattempo si aggancia un modulo sperimentale che gli permette di volare, giunge sul posto e ribalta l’esito della battaglia.
Subito dopo si reca alla sede centrale della OCP, dove trova McDaggett e ben due Otomo. Lo scontro è impari, ma Nikko hackera gli Otomo, facendo in modo che si distruggano a vicenda, non sapendo che nascondevano un sistema di autodistruzione. Ma RoboCop ha ancora a disposizione il modulo di volo con cui fugge portandosi dietro anche Nikko e la Lazarus che era lì anche lei. McDaggett invece affronta il suo destino esplosivo.
Nella scena finale siamo di nuovo nella vecchia Detroit dove, tra le macerie, si fa strada una limousine. Ne scende il presidente della Kanemitsu, venuto per esternare il suo rispetto nei confronti di RoboCop, un avversario imbattibile.
La città è finalmente salva.
RoboCop 3, l’atto finale
Sei anni dopo il primo RoboCop la Orion decide che era arrivato il momento di portare a termine tutta l’operazione. Però per concludere bene decise di ridurre il budget a 22 milioni di dollari e di fare a mano di un paio di attori, tra qui il protagonista Peter Weller e di cambiare ancora il regista, passando a Fred Dekker.
Rimase invece parte del gruppo il fumettista Frank Miller, ma forse sarebbe stato meglio per lui lasciar perdere. Dopo aver visto la sua sceneggiatura mutilata per le esigenze di produzione del secondo episodio decise che poteva ancora dare un contributo, recuperando parte delle idee già prodotte tre anni prima. Successivamente, deluso da Hollywood, tornò a interagire con il mondo del cinema solo nel 2005 per il suo Sin City.
Un altro cambiamento importante fu che la Orion prese coscienza del fatto che RoboCop era soprattutto apprezzato dai ragazzini e di conseguenza fece in modo che fosse vietato solo ai minori di 13 anni, eliminando la violenza esplicita.
Unica nota positiva fu il ritorno di Basil Poledouris alla composizione della colonna sonora. Ovviamente riprese il tema musicale iconico del primo episodio, dopo che in RoboCop 2 era stato messo da parte.
Che dire? Il film fu un fiasco al cinema, non recuperando neanche metà del risicato bugdet e la Orion fallì pochi anni dopo.
Ma cosa non funziona nel film? In realtà la storia non è neanche così malvagia, con RoboCop che mette la sua morale davanti alle direttive del suo software, un nuovo nemico robotico e un malvagio antagonista. RoboCop passa anche attraverso una sorta di rinascita, grazie alla Dottoressa… Lazarus, per poi partire per la più classica delle vendette.
Ma il tutto viene purtroppo annacquato dalla scarsa violenza e da soprattutto dalla caratterizzazione scema di alcuni personaggi.
Per esempio il presidente della OCP non è più il “Vecchio”, ma un uomo pelato di mezza età che di fatto fa la macchietta. Non più un uomo cinico e spietato, ma un cretino.
E poi il villain McDaggett che dovrebbe essere uno stronzo, e invece finisce per essere spesso solo ridicolo. Non ci siamo proprio.
E che dire della sostituzione di Peter Weller con Robert John Burke, dovuta ad altri impegni del primo? Ok, gran parte del film recita con la faccia semicoperta, ma la fisicità è completamente diversa. Weller, specialmente in RoboCop 2, era riuscito a dare una certa eleganza ai movimenti. Burke invece risulta molto più legnoso, forse anche per via fatto che il costume non era stato realizzato sulle sue misure, dato che era lo stesso del film precedente, cosa che gli causava molto dolore. Inoltre tende ad accentuare molto il movimento delle labbra, in maniera quasi fastidiosa.
Ma la scarsità della produzione è soprattutto negli effetti speciali. A parte il cammeo di ED-209 c’è ben poco. Otomo è un attore normalissimo, poi c’è qualche auto capottata, un gadget per RoboCop… nulla di esaltante considerando che nel frattempo siamo entrati nell’epoca degli effetti speciali digitali. Complimenti solo per la soluzione trovata per il doppio Otomo, con il primo che viene immediatamente deturpato in viso.
RoboCop 3 è quindi un film che sarebbe potuto essere tante cose, ma che alla fin fine è quasi un film per la TV. Una storia interessante, ma una produzione troppo economica che ha bloccato tutto il franchise per oltre 20 anni, fino al remake del 2014.