E se la mente delle persone fosse usata come una chiavetta USB cosa succederebbe? Beh, come in tutti i film succede qualcosa di brutto a un po’ di persone epperò alla fine tutto va a posto e la gente è contenta. Johnny Mnemonic è un bel film, da vedere, visionario e godibile, anche se un po’ datato.
Johnny Mnemonic, la chiavetta umana
Macchine, uomini, macchiuomini, uno dei temi più battuti della fantascienza è sempre stato quello dell’integrazione tra la materia organica e quella di silicio e l’esplorazione di cosa potrebbe succedere quando si ibridano i due elementi.
Johnny Mnemonic è tratto da un racconto di Philip K. Dick e parla proprio di questo, della possibilità che una persona usi il suo cervello come un hard disk. Ma perché dovrebbe farlo? Perché magari i dati da trasportare sono molto importanti e si vuole garantire il massimo della riservatezza. Sarà…
Ma Johnny in realtà quella vitaccia non la vuole più fare e decide di accettare l’ultimo incarico solo per potersi pagare l’espianto dell’affare cibernetico che ha nel cervello. Si tratta però di un grosso carico per cui ci vorrebbe il cervello di una balena: 320 GB! Lui di base ne può portare in sicurezza solo 80, col raddoppiatore può spingersi fino a 160 GB, ma per magia riesce ugualmente a ficcarsi nella testa tutta quella roba, con il piccolo effetto collaterale che se non fa un download il suo cervello diventerà poltiglia nel giro di un paio di giorni.
Come se la questione non fosse già abbastanza complicata viene inseguito anche dalla Yakuza, la mafia giapponese, che vuole impadronirsi dei dati per conto di Takahashi (Takeshi Kitano) e viene tradito dal suo socio Ralfi. Poi Takahashi, per mettere altra carne sul fuoco, ingaggia anche il predicatore cyborg pazzo Dolph Lundgren.
Ma per sua fortuna Johnny troverà aiuto da parte della guardia del corpo schizzata Jane, dal capo dei hacker-barboni J-Bone e da genietto Spider.
Un film che anticipa Matrix
Guardi Johnny Mnemonic e ti sembra di vedere Matrix, un po’ perché Keanu Reeves è l’iconico protagonista di entrambe le pellicole, un po’ perché l’ambientazione cyberpunk è più o meno quella.
Pur non essendo troppo vecchio fanno ugualmente sorridere alcune considerazioni tecniche del film, in primis la capacità di archiviazione del cervello di Johnny: 80 GB. Ora, va bene che nel ’95 i dischi contenevano qualche GB, però 80 GB è veramente poco. All’epoca si stavano cominciando a commercializzare i DVD che ne contengono circa 8 e secondo il film nel cervello ci stanno più o meno una ventina di film. Secondo le ultime stime in teoria ci starebbero un milione di gigabyte. Vabbé non che sia troppo importante.
Molto visionario è invece l’uso della “rete” che all’epoca era ancora molto primitiva. Nel film viene immaginata come una realtà virtuale da esplorare con un visore e dei guanti (molto simile a quanto visto in Minority Report, ma che non avremo mai nella realtà) e senza banner pubblicitari. Wow!
Rimane invece sostanzialmente senza senso l’uso di cervelli umani per il trasporto delle informazioni. Affidabilità? Riservatezza? Velocità? Non sembra plausibile nessuna ipotesi, però è bello volerci credere.
Per il resto il film è più che bello, con scenografie all’altezza, dialoghi accettabili e un buon ritmo. Forse le musiche sono veramente un po’ troppo invecchiate, ma ci si può passare sopra. Buona anche la presenza di sangue e corpi mutilati.
Veramente ignorante è infine la figura del “Predicatore di Strada” interpretato da Dolph Lundgren. Wow! Vestito da Gesù continua a lanciare anatemi e a massacrare la gente senza alcuna logica. Forse poteva avere un ruolo maggiore.
Insomma, Johnny Mnemonic è un bel film di fantascienza cyberpunk girato nel pieno periodo d’oro del sottogenere e con un budget di tutto rispetto messo a disposizione dalla Sony. Purtroppo il successo al botteghino fu alquanto limitato, ma il successivo merchandising fatto soprattutto di videogiochi lo mette comunque in una condizione di discreta importanza.